Dal 20 ottobre all’8 dicembre sono stata in Uganda nelle nostre comunità di Kampala (Nsasa – Namugongo) e di Hoima (Rwenkobe).
Come sempre ho ricevuto un’accoglienza calorosa e festosa vivendo momenti di vera gioia interiore per tre nuove novizie che hanno indossato l’abito interamente bianco il 20 ottobre e per 4 novizie che hanno professato i voti di povertà, castità e obbedienza, nuovi membri che arricchiscono la vita e il cammino della nostra Famiglia Religiosa.
Ho potuto condividere con le sorelle di Hoima e di Kampala la vita di preghiera, ritmata da tamburi e altri strumenti, la vita comunitaria e di impegno verso gli altri. Una vita fatta di lavoro nella Scuola, attorniata da tantissimi bambini, quasi 500, che mi chiamano “mununù”, e si rallegrano anche solo per aver ricevuto un pallone o una caramella. Ma anche il lavoro duro lavoro della terra, da cui ricavare il pane quotidiano, la pastorale nelle comunità rurali per la catechesi e la S. Messa, la visita ai malati e agli infermi, ma anche aver toccato con mano le tante difficoltà economiche, che anche qui pesano e rendono difficile arrivare a fine mese.
A Kampala ho gioito, nel vedere questa nuova grande casa finita ed ora abitata, ho gioito nel condividere della vita formativa delle novizie, così desiderose di conoscere di più Madre Claudia e la storia della nostra Congregazione, così responsabili nel lavoro e in ogni servizio che viene loro affidato.
La cosa che sempre mi affascina quando vengo in Uganda è il pullulare di gente, le chiese piene di fedeli, con messe animate e ricche di bambini, gente che verso noi religiose, ha ancora un grande rispetto, in noi cercano la presenza di Dio, ed è per questo che spesso ci salutano chiedendo di ricevere la benedizione.
L’altra cosa che mi ha riempito il cuore e colmato di pace, è vivere in un’altra dimensione, con un ritmo di vita diverso, dove con facilità ti ritrovi a contemplare la natura, i paesaggi selvaggi, i tramonti serali, specie quando per diverse ore ti trovo in viaggi da un posto all’altro.
Tocchi con mano la semplicità, ma anche le tante necessità, la fatica del vivere, del lavorare la terra, del procurarsi il necessario per il vivere necessario della propria famiglia, vorresti aiutare, fare di più e ti rendi conto che riesci a fare sempre così poco, ma questo poco è accolto con gioia e gratitudine.
La cosa bella che si respira qui è la capacita di affrontare ogni cosa senza lasciarsi prendere dalla morsa della tristezza e dell’angoscia.
Non si ha paura di fare figlia, di bambini ce ne sono tanti, sì forse molte volte sono costretti a crescere in fretta, ad accettare la precarietà del vivere, ma si aiutano a vicenda, i più grandi badano ai più piccoli, azzerando ogni tipo di egoismo e di capriccio, accettando una vita dura, ma sempre così piena e intenza.
Immersa dentro alla vita delle nostre due Comunità religiose, di Hoima e di Kampala, nonostante le tante cose che potrebbero andare meglio, le sorelle e per me anche figlie nello spirito, con cui sono stata in questi giorni, ho ricevuto e imparato tanto. Mi hanno insegnato che nessuna preoccupazione può rubarci la speranza, quando il nostro cuore e pieno di Dio.
Qui si respira un ritmo di vita diverso, ma soprattutto si respira la vita, la gioia di vivere, di cercare sempre quel qualcosa per cui conviene guardare avanti, una gioia che niente e nessuno ci può rubare.
Quello che le mie suore mi hanno trasmesso in questi giorni e riaccendere in me il senso e lo scopo del mio vissuto, ritornando con la mente e con il cuore ai miei primi passi in questa scelta di consacrazione, riaccendendo ciò che forse qualche volta un po' si affievolisce, la gioia di aver lasciato tutto per un amore più grande.
E in questi giorni in cui ci prepariamo a ricevere la Vita, con la “V” maiuscola, Cristo Gesù nel Santo Natale, mi sento motivata dall’esperienza di questi giorni qui in Uganda a vivere con più passione ed entusiasmo per quello a cui sono chiamata, senza lasciare che la materialità dei soldi, dei debiti, dei regali da fare, delle cose necessarie, delle bollette da pagare, ci appesantiscano al punto tale da perdere Lui, l’unica cosa necessaria.
È solo in Lui, in Dio che si fa Bambino, che possiamo trovare la forza per affrontare ogni cosa, con quella unità e comunione che in questi giorni mi hanno trasmesso le mie sorelle ugandesi.
Questo solo mi auguro e lo auguro anche a voi che leggerete queste mie parole.