«Il Signore è il Dio della vita»: l’omelia del vescovo Ambrogio nella Messa per la professione perpetua di suor Evelyne Alinaitwe
Suore Cistercensi della carità - Anagni, domenica 30 giugno 2024
Sorelle e fratelli, concludiamo il giorno del Signore con la professione perpetua di Sr. M. Evelyne e la benedizione del “Giardino dello sposo”, voluto da Madre Claudia come luogo di incontro con il Signore e con la bellezza del giardino di Dio. Cara Sr. Evelyne, non poteva esserci giorno migliore per la tua consacrazione solenne al Signore, perché nelle rose di questo giardino tu possa crescere come rosa che profuma dell’amore di Dio.
Il Signore è il Dio della vita. Lo abbiamo ascoltato nella prima lettura. E’ bene ricordarselo in un mondo pieno di morte e di violenza, che generano paura, chiusura, indifferenza, che fanno dimenticare che abbiamo la responsabilità di aiutare tutti a vivere, dai piccoli che devono nascere e crescere con la pazienza dell’amore, ai vecchi che non possiamo abbandonare come inutili, dai migranti che hanno diritto di vivere come noi fino ai giovani che spesso giudichiamo e aiutiamo poco a non crescere nell’illusione di una felicità effimera.
Il Vangelo ci indica la via per come vivere, per tornare a vivere, come fece Gesù a quella donna e alla figlia di Giairo. Quella donna stava perdendo la vita (il sangue rappresentava la vita). Tutti conoscevano la situazione della donna, anche i medici a cui aveva fatto ricorso. Ma la vita non riprendeva. Possiamo capire la vergogna di quella donna. Sì, la malattia talvolta fa vergognare, perché il corpo si indebolisce fino a diventare irreposcibile. Quella donna si confonde tra la folla, ma vuole arrivare a Gesù, almeno a toccare il lembo del mantello. Non è un gesto magico. Quel lembo rappresenta il lembo del mantello della pregheria che gli ebrei indossavano. Lei sa che quell’uomo è un uomo di Dio, un uomo di preghiera. E Gesù se ne accorge. Ma come poteva con tutta quella gente che si accalcava attorno a lui? Lo dicono i discepoli con grande meraviglia. Lo diremmo anche noi. Chi si accorge dei tanti che cercano guarigione, aiuto, speranza, che vorrebbero incontrare, toccare qualcuno per dire che esistono, che vorrebbero essere considerati, aiutati, guariti.
Chi si accorge di loro? La folla ha sempre fretta. Noi abbiamo sempre fretta! Siamo in un mondo di distratti da se stessi, abbiamo sempre da fare. Chi se ne importa – sembra sentir dire – se tanti anziani, poveri, deboli, profughi, avrebbero bisogno del tuo aiuto, avrebbero bisogno di essere salvati? Ma così non c’è vita. E così o giovani si perdono, i vecchi muoiono soli, i migranti muoiono nel mare o nei deserti, mentre i grandi si chiudono nella paura.
Sorelle e fratelli: venite in questo giardino. Lì c’è Gesù. Lui ti può aiutare, salvare, guarire dalla malattia congenita del to io, della tua indifferenza. Fermati! Riposati! Fai come Giairo. Non rassegnarti! Non smettere di cercare Gesù, di importunarlo con le tue parole, con la preghiera. Lui è li per ascoltarti.
Oggi Madre Claudia vorrebbe dirti: vieni in questo giardino in un mondo di donne e uomini che non sanno fermarsi, che non colgono il fiore della bellezza, che distruggono il creato per l’arroganza e l’affarismo dei ricchi e dei potenti. Il Signore, lo sposo, ti aspetta. Qui troverai pace, troverai parole, sentimenti, pensieri, potrai dare riposo alla tua umanità. Potrai guarire dal male dell’indifferenza e dell’egoismo, dalla paura e dalla tristezza, che ti paralizzano e ti impediscono di amare. Rendi un giardino il tuo cuore e il luogo dove vivi ogni giorno! Rendi un giardino il deserto
di amore e di carità, quella per cui Madre Claudia ha voluto vivere e che ci lascia come eredità.
Cara Suor Evelyne, gusta la bellezza e la gioia del giardino di Dio, dove ha voluto porre l’umanità fin dall’inizio perché le donne e gli uomini potessero vivere insieme in pace, come sorelle e fratelli.
Tu vieni dall’Uganda, un grande Paese di un continente dimenticato o sfruttato da tanti per impossessarsi delle sue ricchezze, ma pieno di giovani, di speranze, di futuro. Preghiamo perché non ci dimentichiamo di loro! La preghiera sia la tua forza, come indica il braccio verticale della croce. La fraternità e la carità la cura della tua umanità e di quella degli altri, come indica il braccio orizzontale. Non ci siano mai confini per la tua carità. Siete come Cistercensi della Carità un piccolo fiore nel numero, ma potete essere un roseto di speranza per la vostra testimonianza di
amore e di cura per i piccoli e per tutti, un seme della presenza amorevole di Dio in questo mondo.
Lo auguro a voi tutte, mentre noi vi accompagneremo con la preghiera in questo luogo che custodisce la memoria di una lunga storia della Chiesa e che da oggi è arricchita da questo “Giardino dello sposo” rinnovato nella sua bellezza.